Un Programma Formidabile (La Finale)

Germania-Argentina

Matteo – Ci siamo lasciati con le doppie dimissioni dei vertici del calcio Italiano (ancora in bocca al lupo a Mr. Prandelli che spero abbia trovato nei caldi tifosi del Galatasaray una piazza meno schizofrenica e carrettista) e non abbiamo raccontato gli ottavi di finale, in cui le favorite Francia, Germania ed Argentina si sono scontrate con le “what am I doing here” Nigeria, Algeria e Svizzera. Partite emozionanti e tirate in cui hanno comunque trionfato, sempre, le favorite. Dei quarti abbiamo bene impressa la traversa del pistolero Pinilla che stava per rendere al Brasile il gran servizio di risparmiarsi l’ abbuffata di reti incassate dalla finalista teutonica, cartolina questa delle semifinali e un po’ del mondiale Carioca. Il social genietto Neymar nel frattempo ha rischiato di dire addio anzitempo allo sport tanto amato per via di un intervento a fil di schiena non sanzionato dall’ arbitro. Non è stato così fortunato il nigeriano Onazi, il tributo da lui pagato per giocare questo torneo ammonta a nr. 1 Tibie e nr. 1 Peroni. Meno salato il conto per l’ irruente francese Matuidi, cartellino giallo per lui che ha spedito il gioiellino laziale dal chirurgo. Ho ripensato al fallo che tanto costò alla nostra nazionale e accresco in me la convinzione: questo sport non ha un regolamento.

Marco – La mia passione per il sud america è iniziata tardi ma è esplosa in modo incontrastabile. Ho iniziato ad ascoltare musica che provenisse da quei luoghi, a leggere libri sul tango e ovviamente anche libri che parlassero di calcio. Poi il caso e la fortuna hanno fatto si che per una serie di circostanze, lo scorso inverno, ho passato dieci giorni in Argentina, tra Buenos Aires e Mar del Plata. Mettere piede su quel continente è un’emozione difficilmente descrivibile e conoscere quel popolo così fiero e sognatore ma allo stesso tempo disilluso dopo tanti anni di difficoltà economiche ed un passato ricchissimo ormai lontano secoli è stata una delle esperienze che ricorderò per sempre. In Argentina miseria e benessere convivono costantemente. La conseguenza di tutto questo è un forte senso di identità collettiva che si rispecchia nello sport come nella quotidianità con un atteggiamento spontaneo ed amichevole anche verso gli estranei. Un europeo rimarrà sempre spiazzato da questi forti contrasti ma da loro riceverà sempre una pacca sulla spalla. Insomma… è inutile dire che in questo mondiale ho tifato Sud America (e centro America) da subito, appena usciti gli azzurri: Cile, Messico,  Costa Rica, Colombia soprattutto e ovviamente Argentina. E’ il loro mondiale in fin dei conti, dei brasiliani e dell’America latina in generale un continente che non si può descrivere meglio di come lo fa questa canzone che si chiama, appunto, “Latinoamerica”.

“Soy, soy lo que dejaron/soy toda la sobra de lo que se robaron/un pueblo escondido en la cima/mi piel es de cuero/por eso aguanta cualquier clima/soy una fábrica de humo/mano de obra campesina para tu consumo/frente de frio en el medio del verano/el amor en los tiempos del cólera, mi hermano/el sol que nace y el día que muere/con los mejores atardeceres/Soy el desarrollo en carne viva/un discurso político sin saliva/las caras más bonitas que he conocido/soy la fotografía de un desaparecido/soy la sangre dentro de tus venas/soy un pedazo de tierra que vale la pena/soy una canasta con frijoles/soy Maradona contra Inglaterra anotándote dos goles/soy lo que sostiene mi bandera/la espina dorsal del planeta es mi cordillera/ soy lo que me enseño mi padre/el que no quiere a su patria no quiere a su madre /soy América latina un pueblo sin piernas pero que camina”*

Matteo – Oggi siamo quattro persone con lo stesso cognome di fronte ad uno schermo che poi non ci interessa più di tanto, nella stanza un’ assenza dolorosa. Il calcio come il foglio di giornale di fronte all’ ostaggio che posa per la  foto, una pietra miliare atroce sul cammino. Questo paragrafo lo lascio così, la festa continuerà più avanti.

Marco – “Un popolo senza gambe ma che cammina” Sta tutto in questa frase il succo dell’America latina ed anche il percorso dell’Argentina a questi mondiali. Grandi sofferenze ad ogni partita, un buon Messi nella prima fase poi le incredibili remate contro Svizzera, Belgio ed Olanda. Ma la squadra è andata trascinata dal piccolo capo, il “Jefesito” Mascherano.  La finale è servita e la seguiremo nella taverna, dotata di tutti gli ultimi ritrovati hi-tech, di un noto rampollo di una ricca famiglia locale, che per la cronaca è amico mio, è lo stesso che sbagliò strada quel famoso 9 luglio ed è lo stesso che ha preferito restare al lavoro il giorno di Italia-Costa Rica.  La platea è divisa quasi equamente tra sostenitore della Germania e dell’Argentina. Noi argentini siamo più organizzati però, io mi presento con la maglia del Boca, e Francesco (compagno di avventure nel viaggio in Argentina) con quella della nazionale di tennis di coppa Davis, che sempre albiceleste è, in fin dei conti. Abbiamo anche il Mate da bere in caso di vittoria. Abbiamo dalla nostra anche l’ottimismo e l’orgoglio degli argentini e allo stesso tempo il loro disincanto.

Matteo – Messi mi sembra in palla, accelera, frena, sterza come la fuoriserie che è. Cerca in area Higuain, sotto la lente d’ ingrandimento per il gol capolavoro nonché qualificazione che ha eliminato il Belgio. Il peso dei grandi centravanti che lo hanno preceduto deve essere folle. “Folle”. Il retropassaggio di Kroos è folle. Higuain solo davanti a Neuer. Occhiatina a sinistra sul difensore più vicino, sbirciata a destra al guardalinee -“ok, non sto sognando”- e poi quel colpo di stinco… Eddai però, è così che si perdono le partite.

Marco – Questo schifo d’estate che sta passando ha portato con se anche una specie d’influenza che mi ha colto di sorpresa. Prima il mal di gola poi una quasi completa occlusione delle vie respiratorie. Annaspo, non sono lucido, non riesco a vivere la partita nel modo in cui vorrei. Sembro quasi la Germania… Incredibile ma vero in questi primi minuti siamo meglio noi (noi argentini, perchè l’immedesimazione è totale). Messi ha un inizio promettente, sembra quello delle migliori serate di Champions, quello che gli argentini non hanno mai visto, Lavezzi salta l’uomo che è una meraviglia, Mascherano è il solito, indomabile, grande, piccolo capo e la difesa tiene. Higuain spreca un incredibile regalo della difesa crucca, mani nei capelli. Poco dopo segna, io sto sempre più male, sprofondato in una poltrona in preda a uno strano mal di testa ma balzo in piedi, anche Francesco che è vicino a me salta su, ci abbracciamo, il pipita si batte le mani sul petto. Il guardalinee italiano ha alzato la bandierina ma il regista, presumo brasiliano, indugia qualche secondo prima di inquadrarlo e noi, come il pipita, per quei pochi secondi ci sentiamo campioni del mondo poi la realtà ci ritorna in faccia con la foga di un auto che entra a 120 all’ora dentro una vetrina (cit.). Siamo argentini, d’altronde, stasera è normale che non ci sia il lieto fine ad aspettarci.

Matteo – Non è che sia una grande giornata per El Pipita. Esultanza liberatoria per un gol annullato, l’ attaccante recepisce la notizia solo dopo essersi battuto il petto per mezzo giro di campo. Ancora non lo sappiamo ma la sua “serata no” non è terminata. Adesso, Rizzoli è stato designato come arbitro della finale. Un discusso arbitro della discussa ma universalmente riconosciuta valida classe arbitrale italiana. Mah. Ed arbitra anche bene, ad onor del vero, ma ai nostri direttori piace sempre mettere una firma, un dettaglio, che magari non salti all’ occhio ma faccia la differenza fra l’ essere notato e l’ essere ricordato. Pallone che corre lungo il lato piccolo dell’ area di rigore germanica e l’ attaccante del Napoli viene steso da una ginocchiata alla tempia dal massiccio Neuer in uscita. Contatto evidentemente involontario, il battito cardiaco ancora percettibile dal polso di Higuain lo conferma. Si potrebbe interrompere il gioco per pura precauzione, ma che banalità sarebbe. Fallo a favore della Germania, testata su quadricipite ravvisata dall’ arbitro. Quell’ ironia nostrana che ci distingue e ci rende unici al mondo, siamo ancora vivi.

Marco – Tra primo e secondo tempo esce il Pocho, forse per me il migliore in campo ed entra Aguero. Strano. Quell’insolito mal di testa mi ha completamente messo K.O. mi ha preso dalla gengiva, sale su per il naso ed arriva alla fronte. Non è forte, il dolore ma è costante. Vedo la partita inerme e sono praticamente fermo e zitto dal momento del gol annullato. Francesco, l’altro ultras albiceleste mi lancia qualche occhiata ma io non riesco ad essere di supporto e la squadra piano piano si sta spegnendo. Si è spento Messi, si è spento Higuain, travolto da un rischiosissimo intervento del portiere tedesco  giudicato male da Rizzoli ma è un po tutta la squadra a non girare più come all’inizio, soprattutto in attacco, dietro, ancora la difesa regge. A cinque dalla fine sento che qualcosa non va, devo andare in bagno ma c’è un calcio d’angolo, temporeggio, i crucchi battono male e allora corro. Temporeggio ancora perchè non so bene che mi stia succedendo poi lo capisco, lancio un’occhiata e vedo un secchio che fa al caso mio lo afferro, ci ficco dentro la faccia e vomito. Vomito la cena di questa sera, il pranzo di pasqua, un paio di natali e probabilmente anche la cresima di mio fratello. Sembro Messi ma a lui è la tensione a provocargli quella reazione, io non ho ancora capito cosa sia stato. Fatto sta che ora sto meglio, molto meglio, respiro, il mal di testa è passato quasi del tutto. Posso godermi quel che resta della partita, magari possiamo anche vincere.

Matteo – Se ci conosciamo di persona ne avremo già sicuramente parlato, altrimenti ripropongo uno dei miei cavalli di battaglia: il calcio tedesco non merita nulla. Lasciamo stare gli stadi, la mentalità riformatrice, la Merkel con la sciarpa, il Bayern Monaco (oh, su di loro ne avrei da dire) che uccide il campionato già ad ottobre. Mario Götze. Ricordiamo tutti l’ eccitante stagione d’ oro tra l’ altro non conclusa del Borussia Dortmund, quello dei giovani e del PROGETTO. Lo specialista di finali perse (forse anche per colpa del carico di know-how di Robben), il plutocratico transatlantico Bavarese non poté fare di meglio per aggiudicarsi la C.L. 2013 che acquistare i pezzi pregiati del maggiolino giallo, appunto Gotze con l’ umlaut ed il vago Lewandowski. Uno si nascose in tribuna durante la partita, l’ altro svanì in campo, lasciando la vittoria ai legittimi acquirenti. Il Borussia non perdeva un confronto diretto con la distinta concorrenza da cinque (5) incontri, prima di allora.
Il calcio moderno questo è. Per un istante – tornando al racconto della nostra finale – sul calcio moderno si è aperto un wormhole, una finestra da cui sbirciare l’ altro Calcio, quello degli eroi e dei gesti atletici degni delle attenzioni degli antichi cantori. Ultimi secondi di gioco, lo stop di petto ed il tiro al volo ad incrociare ma con il piede “sbagliato”, il tutto a livelli NASCAR di velocità. Chi è stato? E che te lo dico a fare. Questo gioco manca di regole e di karma, anche stavolta vince il più forte.

Andiamo, non ditemi che non lo odiate
Andiamo, non ditemi che non lo odiate

Marco – Quando torno dagli altri sono finiti i tempi regolamentari. Il pareggio è giusto fino ad ora, adesso diventa un terno al lotto, staremo a vedere. E’ entrato Palacio intanto e nel primo tempo supplementare si mangia un gol che sembrava fatto. E’ la terza clamorosa palla gol sprecata dall’Argentina contro un palo tedesco colto sul finale di primo tempo. Sono troppe, un’argentino non può permettersi di sbagliare tre occasioni, spesso non ne ha nemmeno una per arrivare alla gloria, figuriamoci tre. Lo so io, lo sanno gli argentini sugli spalti, quelli in patria e quelli in campo. Lo sa anche Mascherano ma lui non vuole sottomettersi al triste destino che lo attende. Ha giocato un mondiale pazzesco, è il vero capitano anche se non ha la fascia, è l’unico che parla con Messi ed è l’unico che può permettersi di urlargli in faccia, è il Jefecito. E il Jefecito sta correndo a perdifiato al centotredicesimo minuto dietro a un tedesco, in fuga sulla fascia destra. Il tedesco è Schürrle che è fresco perchè entrato da poco ma il Jefecito lo tallona, si butta a peso morto per bloccare il cross che sta partendo ma non ci riesce. Quando guarda la palla che è appena partita, che lo ha superato e che sta per arrivare in mezzo all’area di rigore sembra che sappia tutto, sa come finirà. La raccoglie Mario Gotze, con il petto, e fa un gran gol. E’ la fine, non c’è più la forza per provare a rimetterla in piedi. Centoventesimo, recupero, triplice fischio, fine del sogno. Ha vinto la squadra migliore, non c’è dubbio ma non capisco perchè la cosa dovrebbe farmi essere meno triste. Questi tedeschi non hanno passione, quello che esulta di più è uno che alza un pugno al cielo, boh, sembra abbiano vinto un torneo di briscola al bar di Collescipoli e adesso porteranno a casa un prosciutto e due capocolli. Sembra che quel tassista, a Buenos Aires, sapesse già tutto, ci aveva detto che per i mondiali pensava fosse favorita la Germania e vedeva male il Brasile nonostante giocasse in casa. Non aveva molta fiducia in Messi, lo considera uno dei tanti perchè di mito ce n’è solo uno e si chiama Diego. Confidava di più in Tevez, “l’hombre del pueblo” che però è rimasto a casa. Chissà dove sarà stasera, probabilmente sarà comunque contento, amareggiato ma soddisfatto, orgoglioso della sua nazionale. D’altra parte un argentino o meglio un sudamericano lo sa che nel suo Dna non è prevista la gioia,  non è previsto il riscatto, qualche volta può arrivare primo ma serve un Maradona e di Diego ne nasce uno ogni tanto. Per il resto sarà sempre un secondo, un sopravvissuto, un’anima campesina, sarà Maradona contro l’Inghilterra,  un’avanzo di ciò che hanno rubato, un lottatore sconfitto ma sempre in piedi, un popolo senza gambe però che cammina.

“Trabajo en bruto pero con orgullo/aquí se comparte, lo mío es tuyo/este pueblo no se ahoga con marullos/y si se derrumba yo lo reconstruyo/tampoco pestañeo cuando te miro/para q te acuerdes de mi apellido/la operación cóndor invadiendo mi nido
¡Perdono pero nunca olvido! /Vamos caminando/aquí se respira lucha/vamos caminando/yo canto porque se escucha.

Aquí estamos de pie
¡Que viva Latinoamérica!

No puedes comprar mi vida”*

 

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Matteo – Il Mondiale di Calcio è forse la manifestazione sportiva più grandiosa al mondo. Spettacolo, dramma, vecchi dissapori che arrancano ai tempi nostri trascinandosi da campi di calcio non più esistenti e da campi di battaglia. Coinvolgimento.
Spero di ricordare questo mondiale come il primo ad aprire a una sempre più presente tecnologia in campo e l’ ultimo a vedere la nostra rappresentativa uscire alla fase a gironi. Spero che i giovani ricaccino presto in gola ai vari Buffon e De Rossi e a tutti i vari azzannatori di antilopi sciancate le critiche sganciate con facilità disarmante al termine di una disfatta collettiva, e spero che lo facciano senza togliersi i tacchetti.
Abbiamo archiviato il mondiale ed io, per ora, questo blog. Adesso ho sonno, ho esami, me ne vado.

Marco – E adesso? Adesso che è finito tutto come si fa? Sento già la saudade di questo mondiale meraviglioso. Penso a domani, a lunedì, quando uscirò dal lavoro cosa farò? Vago in stato confusionale, guardo il menù dei programmi tv ma non c’è niente, lo so. Guardo avanti ma la Russia è lontana. Come farò a curarmi? Ho trascurato tutto e tutti per  un mese ed adesso è tutto finito, tutto immobile. Come faremo noi amanti del calcio romantico? Per chi faremo battere i nostri cuori? Basterà il ritorno di Zeman a Cagliari o del loco Bielsa a Marsiglia per alleviarci il dolore? Non lo so, non credo, non ci spero. La depressione è grande e proprio mentre sto finendo di scrivere questo post mi butto su Google e cerco i giorni che mancano al mondiale 2018. So che probabilemte non sarà bello come questo ma già lo aspetto. Non rimane che iniziare a contare. 1427 giorni 0 ore 39 minuti e 18 secondi 17… 16… 15… 14…

 

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